RECENSIONE DEL FILM "ALIEN 3".

 

 

 

La prima cosa Alien-related che ricordo è quando comprai il giocattolo di uno Xenomorfo, che estraeva delle strane corna arancioni, come un porcospino.

 

Ma il mio primo vero contatto con la saga di Alien fu una sera non precisata, degli anni novanta, dove vidi qualche spezzone finale da "Aliens-Scontro Finale." Fu amore a prima vista, un amore travolgente.

 

Incominciai a cercare le VHS degli episodi, 3 all'epoca, in particolare del secondo capitolo di James Cameron, che già avevo mitizzato. Ma quelli erano tempi diversi e anche più romantici, e per un bimbo di provincia non sempre era facile reperire ciò che si cercava.

 

Perciò il primo episodio che vidi per intero fu appunto Alien³, preso in prestito da una videocassetta registrata su Tele+ da mio cugino.

 

I primi 20 minuti del film li glorificavo, perché erano l'unico legame con Aliens che avevo. Ne analizzavo ogni clip, ne ero affascianto. Ma la restante parte del film mi faceva star male con il suo finale. Mi dicevo che non poteva finire così, non potevano aver "buttato nel cesso" il capitolo precedente che avevo visto a pezzi ma che per me era l'apoteosi della saga, non potevano aver ucciso Newt, Hicks e Ripley.

 

Nel tempo recuperai anche Alien e addirittura vidi prima il quarto capitolo, Alien: La Clonazione. Per una strana congiunzione astrale vedere Aliens mi era precluso.

 

Finalmente riuscì a recuperare Aliens e me lo riguardai all'infinito, come se avessi finalmente conquistato la donna tanto desiderata. Per me quello doveva essere lo spirito della saga Alien, più l'aggiunta di Predator a fare da alleato ai Colonial Marines.

 

Ma gli anni passarono, le mie conoscenze aumentarono al pari dei miei poteri e della mia misantropia.

E fu lì che tutto mi fu chiaro: Alien³ è il capolavoro della serie per gli stessi motivi per cui lo odiavo.

È la metafora dei primi anni '90, è la metafora del grunge, dal riflusso del mito reaganiano.

 

È la metafora dell'AIDS che in quegli anni mieteva vittime massicciamente. Ci si sveglia dai bagordi degli anni '80s (Aliens), ed è un incubo, non c'è pietà per nessuno. Nemmeno per l'innocente bambina che hai fatto di tutto per salvare nel film precedente. Perché questo non è Star Wars, che è una storia di predestinati, ma è Alien ed è duro come la vita vera.

 

Poi c'è la fotografia, splendida, gotica, medioevale, pessimista in piena antitesi con lo scintillio di James Cameron. Idem la stupenda colonna sonora di Elliot Goldenthal. C'è pure il ritorno (parziale) di Giger e un finale epico che cita la Giovanna D'Arco di Dreyer.

 

C'è la scena oscura, fatalista e poetica del funerale in contemporanea alla nascita dello Xenomorfo. (Nella foto)

Ma come dicevo il film è la metafora dell'AIDS, ci troviamo in una prigione, ma sembra il reparto di un ospedale. Tutti rasati, tutti uomini a parte la protagonista. Ladri, stupratori e assassini che in cerca della redenzione, sapendo della loro imminente fine, si prefiggono la missione santa di fermare la malattia, il male, il demonio: non solo lo Xenomorfo, ma anche l'arrivo della compagnia, la Weyland-Yutani, prima che possa portare il male con sé sulla Terra.

 

Nel finale vediamo per la prima volta la Weyland-Yutani in faccia per quello che è veramente, non più dietro lo schermo di un computer o in qualche dirigente che fa il doppio gioco. L'elite di soldati e scienziati che si offre di salvare Ripley sembra uscita appunto da Star Wars, stona volutamente con quanto visto nel resto del film. È come se gli anni'80 di Reagan tornassero per offrirti di tornare indietro, con il loro aspetto più rassicurante; ma Ripley sa ciò che nascondono e non accetta, con quel finale epico.

 

Il film è un martirio che va valutato nel contesto in cui uscì, con i suoi pregi e difetti a livello di coerenza narrativa, come lo è stata la sua stessa produzione. Tanto che lo stesso David Fincher disconoscerà questa sua opera prima, ma questa è un'altra storia che merita uno spazio a sé, che verrà spiegata in un secondo capitolo se questa recensione avrà qualche plauso.

 

A voi miei cari lettori che avete tenuto duro per arrivare fin qui, se non lo avete già fatto consiglio di vedere questo film, sia in versione cinematografica, che nell'edizione speciale (per molti versi superiore). Chiedo scusa per eventuali errori ortografici ma l'orario e la connessione internet mi sono avversi.

 

Ellen Ripley, ultima superstite del Nostromo, passo e chiudo.

 

Voto di Nerd Station: 7

 

Recensione di Sebastiano Donelli