Recensione del film “Lui è tornato”.

 

Da poco nei cinema italiani è uscito “Sono Tornato” di Luca Miniero, con Frank Matano e Massimo Popolizio.

 

Il film racconta di un ipotetico ritorno del Duce nell'Italia di oggi, ma sapevate che si tratta di un remake di un film tedesco? No? Allora facciamo un passo indietro…

 

“Lui è tornato” è un film del 2015, disponibile su Netflix, diretto da David Wnedt e tratto dal romanzo omonimo di grande successo di Timus Vermes.

 

Strutturato come un “mockumentary” (un finto documentario, sul genere di “Borat”), Adolf Hitler, per qualche scherzo del destino, si risveglia nel secondo millennio, nei pressi del bunker della Cancelleria.

 

Catapultato nella Germania odierna, il Fuhrer si troverà a vagare inizialmente confuso.

 

Il suo paese appare molto cambiato dopo 70 anni della sua assenza: una democrazia moderna, dove il ricordo del Nazismo sembra ormai svanito.

 

Hitler viene accolto con reazioni contrastanti dai suoi concittadini; i giovani ridono e scherzano, si fanno selfie e inneggiano allo statista tedesco scambiandolo per un comico, i più anziani lo guardano con sospetto e diffidenza, mentre i turisti si fanno fotografare con lui.

 

Buona parte delle scene e dei dialoghi sono improvvisati con cittadini inconsapevoli, non attori, che reagiscono nei modi più diversi.

 

Le reazioni reali  dei passanti sono catturate dalla cinepresa e montate tra loro, e tutto questo dono al film un forte senso di verosimiglianza.

 

In seguito Hitler farà la conoscenza di Fabian Sawatzki, un aspirante regista appena licenziato dalla sua emittente televisiva, che vedrà in lui un forte potenziale comico.

 

Insieme faranno un viaggio per la Germania, per raccogliere le opinioni del popolo tedesco.

 

Da un clima di ironia, dove Hitler è considerato una caricatura grottesca, si procede lentamente, ma in maniera costante, ad una verità minacciosa e drammatica.

 

La Germania di oggi si scopre sempre più simile alla Germania di ieri: la diffidenza e la paura degli stranieri, verso i quali cresce una rabbia silenziosa; la disoccupazione causata dalla crisi; un’apatia politica imperante tra le nuove generazioni; la forza rinata del Nazionalismo tedesco.

 

Tutti elementi che Hitler sfrutterà a proprio vantaggio per ottenere (di nuovo) sempre più influenza e ascolto.

 

La pellicola, come un equilibrista, affronta la sfida di trattare il Nazismo con umorismo, un’operazione riuscita precedentemente solo al genio di Mel Brooks con “The Producer”.

 

Da una parte il rischio di risultare troppo serio e drammatico, dall'altra la possibilità di svilire la memoria storica dei crimini nazisti. “Lui è tornato” cammina sul filo del rasoio, ma lo fa con scioltezza e maestria.

 

Il prodotto è divertente ma si conclude con una riflessione profonda e amara: il ricordo del Nazismo è ormai lontano dalla memoria e questa pellicola ci ricorda che tutti coloro che dimenticano il passato, sono condannati a riviverlo.

 

Recensione di Daniele Geminiani