Previsioni Oscar del cinema 2018.

 

Domenica 4 marzo si terrà l'evento più importante dell'anno. Ah, ci sono anche le elezioni politiche? Beh, allora diciamo i due eventi più importanti dell'anno…

 

Ovviamente stiamo parlando della 90ª edizione della cerimonia degli Oscar, che si terrà al Dolby Theatre di Los Angeles.

 

E per arrivare preparati all'appuntamento che riunisce il meglio del cinema hollywoodiano, ecco per voi alcune riflessioni sui film candidati e sulle loro possibilità di vittoria.

 

"Chiamami col tuo nome"

 

Le speranze italiane di quest'anno hanno il nome di Luca Guadagnino, che firma la regia di una delicata storia d'amore tra Elio, un adolescente italiano, e Oliver, uno studente americano ospitato dal padre di Elio per lavorare insieme alla sua tesi di post dottorato.

 

La vicenda si svolge nelle campagne di Crema del '83, in una calda estate; questa è la cornice di una squisita storia d'amore che esce dai facili stereotipi di "film gay", ma rappresenta il nascere del desiderio adolescenziale in una storia che ricorda una stella cadente d'agosto: dirompente, luminosa, e talmente forte da lasciare il segno nel tempo.

 

Previsioni:

 

Nonostante le diverse nomine (film, attore protagonista, sceneggiatura non originale e canzone) difficilmente riuscirà a portare più di un premio. Il più probabile è la miglior sceneggiatura non originale, firmata da James Ivory.

 

Ma ci piace vedere i molti lati positivi: il film ha lanciato fortemente la carriera di Timothée Chamalet, che si è guadagnato una nomination in mezzo a mostri sacri della recitazione (Daniel Day-Lewis, Denzel Washington, Gary Oldman, per fare qualche nome…). Regala un’interpretazione strepitosa, considerando la giovane età.

 

Merito anche di Guadagnino, che è stato capace di tirare fuori il meglio dai suoi attori. Il regista italiano ha avuto coraggio ad affrontare un film con un tema così delicato, con il rischio costante di cadere nel cliché.

 

Invece Guadagnino ha fatto quello che fanno i veri artisti, ha creato un’opera come la immaginava, senza pensare ai gusti o alle reazioni del pubblico. E proprio per questo il film ti conquista!

 

Era dai tempi de "La vita è bella " che non si vedeva un film italiano nella categoria miglior film. Probabilmente Guadagnino non è il tipo da salire sui sedili in preda alla pazza gioia in stile Benigni, ma speriamo di vedere la sua reazione…forza Guadagnino!

 

"Tre manifesti a Ebbing, Missouri"

 

Trionfatore indiscusso ai Golden Globe, si presenta al Dolby Theatre come il candidato favorito a sbancare l’edizione degli Oscar di questo 2018. Il film, una dark comedy in continuo dialogo con la filmografia dei fratelli Coen, racconta la ricerca delle verità di Mildred Hayes (Frances McDormand), una madre in cerca di risposte in seguito allo stupro e alla morte di sua figlia.

 

La donna lancia il guanto di sfida alla polizia della città con l’affissione di tre grandi manifesti con su scritto: “Raped while dying and still no arrests? How come, Chief Willoughby?” (cioè: Stuprata mentre moriva e ancora nessun arresto? Com’è possibile, sceriffo Willoughby?)

 

Il film racconta lo scontro tra le due parti che sconvolge la tranquilla città del Missouri, attraverso gli occhi e i sentimenti dei diversi personaggi. La psicologia complessa di ogni personaggio colpisce nel profondo.

 

Nessuno è lasciato al caso ed ognuno è spinto da diverse motivazioni. Lo sceriffo è sinceramente dispiaciuto per l’avvenuto ma, in assenza di indizi sui quali indagare, vorrebbe accettare la tragedia e dimenticare.

 

La madre lotta furiosamente per conservare il ricordo e ottenere una qualche forma di giustizia da una polizia indolente e razzista. I due avversari dialogano e si scontrano, senza mai essere troppo né troppo vicini, né troppo lontani.

 

McDonagh, regista e sceneggiatore, rappresenta tutte le tonalità del grigio, dando voce alle sfumature complesse delle personalità e dei ruoli dei personaggi. La forza del film è proprio la scrittura dei personaggi e dei dialoghi, dove ogni parola è scelta e posizionata al posto giusto.

 

Previsioni

 

Come un pistolero che entra nel saloon sbattendo la porta e ordinando un whisky, si presenta come l’avversario da battere, quello da cui guardarsi alle spalle.

 

Ai Golden Globe si è aggiudicato i premi per Miglior film drammatico, miglior attrice in un film drammatico, miglior attore non protagonista e miglior sceneggiatura, e probabilmente li riconfermerà nelle rispettive categorie agli Oscar.

 

Il più in bilico dei quattro premi è forse il miglior film, dove “La forma dell’acqua”, successo sia di critica che di pubblico, sembra leggermente più favorito.

 

Eppure negli ultimi anni sembra crescere la tendenza di premiare come “Miglior film”, la pellicola con il messaggio politico più forte e attuale. Così è successo nel 2016, con la vittoria de “Il caso Spotlight”, che trattava la tematica degli abusi sessuali sui minori all'interno chiesa cattolica di Boston.

 

Con l’appoggio della campagna #oscarsowhite, l’anno scorso ha vinto “Moonlight”, scalzando il favoritissimo e ormai vincitore annunciato “La La Land” (beh, la sua vittoria è stata letteralmente annunciata. Ricordate lo scandalo della busta sbagliata?).

 

Oggi, in seguito allo scandalo Weinstein, il clima hollywoodiano è influenzato fortemente dalla campagna femminista sugli abusi e le molestie sessuali, e premiare il film di McDonagh sarebbe la più logica delle conseguenze.

 

L’immagine di una donna forte, che lotta per la verità sullo stupro e sulla morte della figlia, è proprio l’immagine che le campagne #timesup e #metoo vorrebbero veder premiata.

 

Eppure le sorprese sono sempre dietro l’angolo e non sarebbe la prima volta che un supercandidato, dato come favorito dai bookmaker, si sgonfi come un palloncino bucato alla festa di compleanno…staremo a vedere!

 

"L’ora più buia"

 

Siamo in Inghilterra, nel 1940, e la politica attendista di Neville Chamberlain, non ha portato a nessun risultato. La Germania nazista ha invaso la Polonia e cresce la minaccia per tutta l’Europa.

 

Nella crisi peggiore del Regno Unito, un uomo cerca di risollevare le redini del governo inglese: Winston Churchill è il cardine di questo dramma storico, che intreccia film politico e biografico. La pellicola segue Churchill nelle difficili relazioni politiche all'interno della Camera dei Comuni e nelle vicende storiche della seconda guerra mondiale.

 

Allo stesso tempo ci viene regalato un ritratto dell’uomo dietro la figura storica, del politico burbero, spontaneo, e a tratti cocciuto che con la sua determinazione ha portato l’Inghilterra a combattere per “la vittoria a tutti i costi”.

 

Sulle spalle della curva schiena di Winston c’è tutto il peso del popolo britannico. Il premier sarà costretto a scelte drammatiche, per difendere la sua nazione.

 

Previsioni

 

Il film è interamente basato sull'interpretazione magistrale di Gary Oldman, che sembra avviarsi indisturbato al raggiungimento del sogno di ogni attore, il premio Oscar come miglior attore protagonista. Gli altri candidati non sembrano affatto pericolosi: Timothée Chamalet è ancora agli inizi di un’ottima carriera e Daniel Kaluuya deve ancora crescere.

 

Denzel Washington, per quanto bravo, è candidato per un film che è stato un vero e proprio flop al botteghino e Daniel Day-Lewis, che ha annunciato il suo ritiro dalle scene, non credo abbia più posto sul comodino per un quarto Oscar.

 

Inoltre l’Academy ha sempre avuto un debole per gli attori che si mettono alla prova nell'interpretazione di rilevanti figure storiche, dal Lincoln nel film omonimo con Daniel Day-Lewis, al Giorgio VI di Colin Firth ne “Il discorso del re”, e la lista continua...

 

Per quanto riguarda le nomination ai comparti tecnici, la sfida sarà dura. Si distinguono in particolare le scenografie, che ricostruiscano le strade londinesi del secolo scorso, Westminster, e la Camera dei Comuni, ma il livello di competizione è molto alto. Il più papabile da raggiungere è forse il miglior trucco.

 

La trasformazione di Gary Oldman nello statista inglese è sorprendente e non limita in nessun modo la sua espressività. Recitazione e trucco, mai come in questo film, sono integrati alla perfezione e si sostengono fortemente a vicenda.

 

"Dunkirk"

 

Nolan è tornato, e lo ha fatto in grande stile. Dopo Interstellar (2014), successo di pubblico, ma meno di premi Oscar, il regista inglese è tornato alla ribalta in cerca della statuetta dorata da portare a casa, e lo fa con “Dunkirk”, film di guerra sull'evacuazione di Dunkerque del 1940.

 

Ripassino veloce di storia? L’esercito inglese si è ritirato sulle spiagge del nord della Francia ed è circondato dalle truppe tedesche. La Royal Navy è impegnata nel rimpatrio trasportando le truppe dall’altra parte del canale della Manica, ma è minacciata dagli U-Boot tedeschi.

 

Nel frattempo nei cieli imperversa la Lutwaffe con continui bombardamenti, alla quale cerca di opporsi la RAF dando supporto aereo alle operazioni rimpatrio. Fine del pippone storico.

 

Nolan sceglie coraggiosamente di raccontare la storia attraverso tre diversi punti di vista con tre diverse temporalità che si intrecciano tra loro. Il risultato è qualcosa di stordente e innovativo, una rivoluzione che incuriosisce e allo stesso tempo disorienta.

 

In fondo è un film di Cristopher Nolan, e se vi aspettavate qualcosa di lineare e scontato, potevate scegliere un altro film. Anche voi, come me, fate ancora girare le trottole per capire se state ancora sognando?

 

Previsioni

 

Nolan si dimostra uno dei registi migliori della nostra epoca. Il suo rapporto con l’Academy è sempre stato un po’ freddo, ed i suoi film non hanno mai raggiunto la considerazione che meritano, ma quest’anno qualcosa potrebbe lentamente cambiare, specialmente nei comparti tecnici.

 

La struttura narrativa è fondata sull'intreccio di tre storie che si diversificano per luogo, tempo e personaggi, e al montatore Lee Smith è toccato il difficile compito di dare unità nella diversità, linearità nell'intreccio. Un Oscar al miglior montaggio premierebbe questa sua immane fatica. 

 

Altri compartimenti che meritano un giusto riconoscimento sono il sonoro e il montaggio sonoro. I film di guerra sono costruiti su questo, ed anche qui Dunkirk non delude. I dialoghi sono davvero pochi in questo film, ma il silenzio dei personaggi lascia spazio al suono delle onde del mare, ai motori degli aerei e agli spari dei fucili.

 

Hans Zimmer è un mostro sacro per ogni compositore. La sua collaborazione con Nolan è di lunga data ed ha messo la firma a tutta la sua produzione da Inception in poi. Un solo premio Oscar per Il re leone (1994) non ricompensa a pieno tutte le sue meravigliose creazioni.

 

Il ticchettio dei suoi orologi in questa colonna sonora rendono perfettamente l’imminenza del pericolo, in un film dove il tempo e il suo scadere è un tema fondamentale.

 

Il Golden Globe ha premiato per la regia Guillermo del Toro, ed è sempre più probabile che il regista messicano vincerà anche l’Oscar. Nolan di nuovo a bocca asciutta? Molto probabile. Ma non è questo il bello degli Oscar? Tifare anno dopo anno per il tuo beniamino che non viene mai premiato? Forse Nolan dovrebbe sfidare un orso in mezzo all’Alaska…per DiCaprio ha funzionato!

 

"Scappa-Get Out"

 

Un film thriller/horror di un regista esordiente candidato come miglior film e miglior regia? Strano, ma non impossibile.

 

Il film racconta di una giovane coppia interrazziale, composta da Chris Washington (Daniel Kaluuya), un giovane fotografo nero, e dalla sua fidanzata  Rose Armitage, che lo porta a passare il weekend dai suoi genitori.

 

La famiglia Armitage è composta dalla madre Missy ipnoterapista, dal padre Dean neurochirurgo e dal fratello Jeremy, studente di medicina.

 

L’accoglienza è calda e premurosa, ma Chris nota qualcosa di strano nel comportamento dei domestici neri. Le stranezze incominciano a susseguirsi e Chris realizza di essere in pericolo…

 

Previsioni

 

Il film è stato un vero e proprio successo commerciale, con una produzione di appena 4,5 milioni di dollari, ne ha incassati circa 252. Un po’ come scambiare un centesimo in rame per una banconota da cinque euro.

 

Scappa-Get Out è un film bizzarro, che intreccia commedia, dramma, thriller, e horror. Valica il concetto di genere, e prende il meglio da ognuno nel momento che più gli serve per il racconto della storia.

 

Eppure questo continuo cambiare di stile è anche il suo più grande limite. Uno spettatore vuole essere rassicurato, orientandosi in un genere di cui conosce le linee di massima. Get Out preferisce ribaltare il tavolo e giocare un altro tipo di partita.

 

Daniel Kaluuya ha dato un’ottima interpretazione, ma le possibilità di portare a casa qualche premio sono molto basse. L’onore di sedere al Dolby Theatre dovrebbe bastare e lo stesso discorso vale per le altre nomination.

 

Spero che il regista Jordan Peele la prenda con spirito decoubertiano: “L’importante non è vincere, ma partecipare!”.

 

Recensione di Domenico Geminiani